domenica 10 luglio 2011

la carezza come cura

Alla terza settimana dopo il concepimento l’embrione è formato da tre strati: ectoderma, mesoderma e endoderma. Lo strato esterno (ectoderma) si ispessisce lungo la linea centrale e contemporaneamente si solleva in due pieghe longitudinali in modo da formare un tubo. La parte anteriore di questo tubo diventa il cervello, mentre le fibre nervose cominciano a spingersi oltre il cervello e il primordiale midollo spinale. La parte che rimane esterna darà origine all’epidermide con i capelli, i peli, le unghie e le ghiandole sebacee e sudoripare, mantenendo comunque il compito di stabilire una connessione tra sistema nervoso, cervello e midollo spinale. L’embrione diventa feto, il feto diventa bambino, il bambino diventa adulto, e quella stretta correlazione tra pelle e cervello resterà durante tutto l’arco della vita.
La nostra identità si proietta nella pelle, che rappresenta la nostra percezione del limite corporale. La pelle ci protegge e allo stesso tempo ci permette di unirci agli altri. A seconda che sia in azione il Sistema Nervoso Simpatico o il Sistema Nervoso Parasimpatico, noi possiamo percepire il contatto come spiacevole o piacevole, possiamo percepire la nostra pelle come qualcosa che ci protegge o ci unisce. Quando la pelle ci protegge appare tesa (è in funzione il Sistema Nervoso Simpatico) e non è la condizione migliore per farci abbracciare da qualcuno. Quando, invece, la pelle diventa più distesa e rilassata (è in funzione il Sistema Nervoso Parasimpatico) ci sentiamo tutt’uno con l’altro: questa è la condizione perfetta per la carezza, per darla e riceverla, affinché abbia un effetto emozionale e viscerale benefico sia su chi accarezza e sia su chi è accarezzato.

Dal momento che la nostra percezione del limite corporale è rappresentata dalla pelle e dai muscoli sottostanti, se la pelle è insensibile, la nostra identità risulta alterata, occultata, bloccata. Talvolta, a causa di ambienti familiari o sociali da cui sentiamo di doverci difendere, si creano tensioni a livello muscolare . Il nostro corpo crea delle vere e proprie “corazze” che spesso vanno ad interessare non solo i muscoli, ma anche organi interni. Queste corazze ci impediscono in un primo momento di sentire il dolore, ma a lungo andare ci impediscono anche di sentire il piacere.
Renè Spitz (neuropsichiatra infantile degli inizi del ‘900) studiò i disagi nello sviluppo e nella crescita dei bambini quando vivono in situazioni di deprivazione di cure. In particolare il marasma infantile, ovvero neonati ospedalizzati oppure orfani, che pur ben alimentati e con cure igieniche e cliniche appropriate, si lasciavano morire. Le sue ricerche rappresentarono una rivoluzione in pediatria perché evidenziarono che le carezze e il senso di sicurezza, quali il tenere in braccio il bambino, sono fattori essenziali per lo sviluppo. Spitz dimostrò come la mancanza di tenerezza e cure materne portava a deficit dei fattori di crescita. In particolare, i suoi studi dimostrarono che nei bambini privati nei primi mesi di vita di contatto e carezze, non si stabiliva un collegamento adeguato tra corteccia cerebrale e cervello interno (sistema limpico-ipotalamico), ponte fondamentale per poter sperimentare la relazione fra il mondo esterno e il mondo interiore.
La Biodanza, attraverso carezze molto progressive (che sono proposte sempre nella seconda parte della sessione, quella in cui si va ad attivare il Sistema Nervoso Parasimpatico), va a sciogliere gradualmente le corazze in modo da permettere ai nostri potenziali di poter fiorire. La trasformazione si realizza pian piano e nemmeno all’interno di una sessione di Biodanza, ma nel tempo, a distanza di mesi, a volte di anni. Una persona la cui pelle è abituata ad essere maltrattata può impiegare molto più tempo di una persona che è stata sì accarezzata, ma poi per anni non ha ricevuto cure amorevoli.
Rolando Toro (fondatore del Sistema Biodanza) affermava che la carezza è il gesto più evoluto di cui l’essere umano è capace: la carezza porta affetto, tenerezza e benevolenza.
Nei suoi studi antropologici, notò che nelle tribù primitive dove gli abbracci spontanei di saluto venivano rivolti anche verso estranei, ad esempio verso di lui che non apparteneva alla tribù, che era lì per studiarli, l’ambiente era più sereno e le persone godevano di buona salute.
Durante la sessione di Biodanza noi ci apriamo in un ambiente di fiducia, di giocosità, di serenità. E oltre agli esercizi dove la carezza è protagonista, a volte questa nasce spontanea all’interno del gruppo.
Toccare con cura è indispensabile. Comprendere se l’altro è pronto alla nostra carezza è altrettanto importante.
Le carezze, oltre a stimolare quei sentimenti quali l’altruismo e l’amore, da un punto di vista organico, stimolano le difese immunitarie, normalizzano il battito cardiaco, calmano il respiro ed elevano il nostro umore endogeno.
Un corpo che non viene accarezzato è un corpo che lentamente comincia a morire: non c’è medicina che si possa sostituire all’affetto umano, alla carezza data con amore.

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